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E’ uscito Firefox 4!

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Come era stato già preannunciato, oggi 22 marzo è uscito ufficialmente Mozilla Firefox 4.0. E nel giro di meno di 3 ore ha già superato 1 milione di download e si avvicina ai 2 milioni. Il download si può effettuare dal sito Mozilla, anche se a chi usa Linux dovrebbe essere noto che è preferibile installarlo tramite i mezzi offerti dalla propria distribuzione, dato che il pacchetto Linux che viene fornito da Mozilla Foundation non è personalizzato e non è dotato di un meccanismo di installazione specifico.

Il team Mozilla ha messo su un fascinoso portale sul quale seguire l’evoluzione dei download, con contatore, mappa mondiale per vedere da dove partono i collegamenti, e link a Twitter per seguire tutti coloro che stanno invianto tweet di gioia o di commento all’evento.

Adesso che il browser è uscito ufficialmente, probabilmente anche tutte le estensioni e i plugin che fino a questo momento non erano stati aggiornati per la compatibilità con la nuova versione – che comunque erano piuttosto pochi – cominceranno a seguire la novità.

Sono anche già disponibili le versioni nazionalizzate, come quella italiana. Inoltre anche la mia Slackware Linux, nella versione Current, ha già inserito il package ufficiale di Firefox 4. Per chi installa la versione internazionale e vuole poi inserire la lingua italiana senza dover attendere che sia pronto un package localizzato ufficiale per la propria distribuzione Linux, è disponibile l’apposito LangPack su MozillaItalia.org.

Le novità sono più o meno quelle che avevo già discusso nel mio articolo sulla beta8, a parte qualche perfezionamento e anche qualche piccola “marcia indietro“. Infatti nelle ultime beta gli sviluppatori hanno raccolto la voce di un certo quantitativo di utenti che si era lamentato per lo spostamento dei messaggi di connessione dalla status bar alla barra degli url. Dato che questi messaggi nella barra degli url passano molto più inosservati, si è sostenuto che l’utente medio non percepisca il fatto che certi rallentamenti nella visualizzazione delle pagine sono dovuti alle attese di risposta da parte del server web, e non a lentezze del browser. La lotta con Chrome sulla velocità di apertura delle pagine è ai ferri corti, e non si vuole che la gente si faccia l’idea che Firefox è lento quando la colpa magari è invece del sito che si sta visitando. Perciò è stata reintrodotta la visualizzazione dei messaggi di connessione in un box semitrasparente a comparsa, che appare al di sopra della Add-on bar in basso.

A me personalmente questa marcia indietro non è piaciuta, dato che mi ero già impegnato ad accettare mentalmente la nuova GUI di Firefox 4, e trovo esteticamente sgradevole la comparsa di questi messaggi. Inoltre io tengo la add-on bar nascosta, per estendere lo spazio visivo, e dunque questi messaggi di connessione sembrano comparire “ingiustificatamente” sulla pagina mentre navigo. Per fortuna esiste l’estensione Status-4-Evar, che permette di personalizzare vari parametri relativi alla add-on bar, che ha preso il posto della status bar di FF3. Questa estensione consente di ricreare l’estetica precedente a livello di add-on bar, ma in senso più ampio permette di personalizzare le varie opzioni un po’ come si vuole, e dunque anche di rimettere i messaggi di connessione nella barra degli url, secondo la nuova estetica più estrema che era stata concepita per Firefox 4.

Come ho già detto considero Firefox il browser in assoluto, sia per motivi storici che per la maggiore completezza e anche per un look and feel generale che preferisco. Di conseguenza spero che questa uscita contribuisca al successo di Firefox e lo riporti al top delle classifiche!

Firefox Download Button

150 anni di Italia unita

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Con questo articolo mi unisco ai festeggiamenti e alle celebrazioni per il 150° anniversario dell’unità d’Italia. Si sentono molte voci critiche nei confronti sia del festeggiamento, sia degli effettivi vantaggi avuti da questa o quella regione, da questo o quel paese a seguito dell’unificazione. Alcune di queste voci presentano elementi meritevoli di ulteriore analisi e considerazione, altre sono pura espressione di becera ottusità.

Comunque la si voglia pensare, non credo che sarebbe stato possibile ipotizzare un diverso andamento per le sorti di questo paese. Nessuno dotato di un minimo di capacità analitica può pensare che saremmo potuti arrivare fino al 2011 con il Regno delle Due Sicilie, lo Stato Pontificio, il Granducato di Toscana…. si sarebbe comunque dovuti giungere all’unione. Senza poi contare il fatto che il concetto di “Italia” è sempre esistito, anche prima dell’unione, anche nel medioevo quando il territorio era frammentato al massimo.

Quindi bando alle ciancie, e buon 150° anniversario Italia!

let the night embrace you

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My heart greeds for frozen stars
Deep black universe upon me
I’m enchanted by this warm light
Yet nothing can melt my cold soul

The lakes, my silent lovers
Whispers from the deep black waters
Ice would keep the ghost’s silent
Their mournful song freezes my heart

Come down where the embers burn
Let the night embrace you
And just before the morning haze
You will disappear without a trace

Seasongs change but the sorrow stays
Symphony is getting louder day by day
When the fog raises the dead again
Disharmony of crushing bones
Will take away my pain

Addio Nokia

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E’ la fine di un’era. E’ chiaro: si sta parlando solo di tecnologia, software, telefoni, aziende… niente che meriti di versare chissà quali lacrime o di soffrire in chissà quale modo, ma quello che è accaduto in queste settimane, e che ancora sta accadendo, ha un sapore amaro.

Oltre che a livello generale, ha un sapore amaro anche – e soprattutto, dato che qui si parla principalmente di me! – al mio livello personale. Per decenni ho avuto esclusivamente cellulari Nokia, a partire dal 5110, per passare al 6310, al 6150, al 7210, il 6600, l’N80, l’N82 fino all’attuale N85. Sempre fedele a un marchio da me – e da tanti – ritenuto il top assoluto. Un prodotto europeo, realizzato in totale autonomia e indipendenza, che dettava le regole a cui gli altri si dovevano adeguare, anche coloro che in altri mercati erano abituati a fare la voce grossa.

Certo, un marchio che ha commesso anche errori, che si è adagiato sugli allori negli ultimi anni, che ha lasciato che altri nuovi arrivati cominciassero a fare la voce grossa, un po’ per eccessiva fiducia in se stesso, ma un po’ anche per una convinzione filosofica di base, che poi è la stessa che io condivido, secondo cui i telefoni alla fin fine servono a telefonare. Certo, è bello e figo che facciano anche altro, ma non sono cose poi tanto importanti. Navigare in internet, leggere le email, interfacciarsi con questo e quello, sono cose interessanti, utili, in certi casi possono venir comode, ma alla fin fine il mezzo principale per fare queste cose è un altro, il pc, e quello che conta veramente in un telefono è che si senta bene, abbia una buona rubrica, non sia complicato trovare le funzioni.

Una filosofia largamente abbandonata negli ultimi anni, in cui i telefoni fanno di tutto e di più, e molta gente li usa più dei pc e per fare le cose che normalmente si farebbero con i pc. E Nokia qualcosa stava facendo in questo senso, stava lavorando a un nuovo sistema operativo, una vera e propria distribuzione Linux – d’altronde Nokia è finlandese e Linux è nato in Finlandia – che si proponeva come qualcosa di davvero innovativo, in grado di far girare sul cellulare le applicazioni KDE, con un ambiente aperto nel quale si sarebbe potuto compilare, installare pacchetti di software libero al di là delle logiche di AppStore tipiche di Apple e Android – anche se ovviamente ci sarebbe stato anche quello. Insomma un sogno. Un sogno nel quale io, e con me tutti quelli che in questi anni caparbiamente non avevano voluto passare a Blackberry, iPhone o Android, continuavamo a credere, e aspettavamo con tranquillità, senza grandi frette – del resto i telefoni servono a telefonare, e il mio attuale telefono basato su Symbian questo continua a farlo benissimo – ed eravamo totalmente convinti che il gigante Nokia fosse lì pronto a svegliarsi da un momento all’altro per spazzar via con l’unghia del mignolo i nuovi arrivati che credevano di poterlo impensierire.

Invece Nokia ci ha fatto svegliare, e il sogno è finito. Il nuovo sistema, MeeGo, è in ritardo, è in perenne ritardo da quando è stato concepito, ed è stato stretto un accordo con Microsoft per utilizzare Windows Phone 7 come piattaforma principale. Una capitolazione totale e completa di tutto quello che era stato portato avanti finora, e di tutto quello che Nokia ha significato fino ad adesso!

Certo, una manovra che potrà anche avere risultati di mercato positivi a lungo termine – al momento non li sta avendo -, ma che lascia esterrefatti, delusi e infuriati tutti i fedelissimi, che fino ad ora non se ne erano andati anche perchè loro non se lo sognavano proprio di volere Windows sul proprio telefono. E che ancora non ce lo vogliono. E che quindi un Nokia non lo compreranno più. Come me, che dopo non meno di 15 anni mi troverò costretto a considerare qualcosa che non sia Nokia come mio prossimo telefono, e per forza di cose questo qualcosa sarà Android, dato che a casa mia le uniche mele che entreranno mai sono quelle che si mangiano.

(Tutte le considerazioni tecnico-politiche, la teoria del complotto Microsoft e degli USA in generale, il ruolo di Elop come cavallo di troia di Ballmer, i discorsi su quanto realmente poteva venire di buono da MeeGo, e su quanto effettivamente buono o scadente sia WP7, su quello che sta succedendo in Finlandia, sui lavoratori Nokia sul piede di guerra, sul governo finlandese preoccupato, sull’Unione Europea che ha versato milioni di Euro per finanziare progetti che Nokia sta implicitamente abbandonando, e quanto altro c’è da dire sull’argomento, li lascio alla lettura di articoli, blog e commenti che in queste settimane sono secondi soltanto a quelli sulle vicende giudiziarie di Berlusconi).

Lavoro e filosofia

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E’ innegabile che è meglio lavorare occupandosi di qualcosa che piace piuttosto che di qualcosa che non piace.

Nel mio caso, è molto meglio lavorare nel settore informatico che fare il ragioniere in banca.

Tuttavia, da un punto di vista generale, ho sempre considerato validissimo il principio economico elementare del minimo mezzo, il quale dice che “lo scopo finale dell’attività  dell’uomo è ottenere i massimi risultati possibili impiegando il minimo sforzo possibile” (è una sintesi fatta a memoria).

Da questo ne deriva che lo scopo di tutti noi sarebbe quello di ottenere quello che ci serve per vivere lavorando il meno possibile.

A prima vista un po’ tutti siamo d’accordo, ripensando anche ai vari progressi tecnologici e scientifici che sono sempre stati diretti ad alleggerire il lavoro fisico, a rendere più tollerabile l’attività  in fabbrica, ecc.

Però la cosa non è così lineare. E’ diffusissimo il concetto secondo cui l’attività  lavorativa è il mezzo attraverso il quale realizzare la propria personalità , le proprie ambizioni e per trovare il proprio posto nell’ordine delle cose. Ne deriva che esistono moltissime persone che, sia a livello conscio che ad uno strato più inconsapevole, si sentono profondamente a disagio quando non possono svolgere il proprio lavoro. Non mi riferisco ovviamente alla disoccupazione, ma alle situazioni di pausa o di vacanza, che a parole sono ambite da tutti, ma che all’atto pratico per alcuni rappresentano una specie di tortura che li costringe a un ozio che non riescono a sopportare.

Vorrei in questo senso citare un paio di articoli dal blog di Astutillo Smeriglia, che consiglio in quanto fonte di ironia non-sense spesso corredata anche di intelligenti analisi.

Avere il tempo per fare quello che si è scelto dovrebbe essere l’aspirazione di tutti, non una disgrazia. Uno che fa solo ciò che è costretto a fare finisce col diventare identico a milioni di altre persone. È terribile quando uno diventa un clichè: “gran lavoratore padre di famiglia lascia la moglie, due figli e una Mercedes”. Solo quando uno sceglie è se stesso, quando obbedisce non è nessuno.

e anche

Sgobbare tutta la vita per due soldi può essere una spiacevole necessità, non un’aspirazione. Se uno passa la vita a sgobbare per due soldi rischia di annullarsi nello sgobbare, di immedesimarsi con il suo sgobbare. È terribile quando uno diventa il lavoro che fa: “mio cugino è un autista”, “è morto un cameriere”, “è nato uno spazzino”. Quando uno finisce con l’immedesimarsi con il proprio particolare tipo di sgobbare, il poco tempo libero che ha non lo dedica più a ciò che veramente gli interessa, ma a riprendere fiato. Il tempo libero serve solo a rigenerarsi per lo sgobbare.

La cosa è interessante perchè quello che si nota ad una attenta analisi è che la maggior parte della gente vive le pause dal lavoro – fine settimana, ferie – principalmente come momenti di riposo e rigenerazione per potersi poi meglio rituffare nell’attività lavorativa giornaliera, vero fulcro del proprio essere.

La visione che preferisco vede invece i momenti di pausa come fulcro e obiettivo dell’intera attività, e l’attività stessa come funzionale al guadagnarsi quei momenti. In altri termini, non vado in vacanza due settimane per potermi tuffare in un anno di lavoro, bensì lavoro per un anno per potermi guadagnare due settimane di vacanza.

E’ una visione che può senz’altro essere molto logorante, data appunto la suddivisione di spazi temporali che tutti comunemente viviamo. Vivere 11 mesi e rotti in funzione di sole due settimane all’anno può dare un gran senso di frustrazione, ma personalmente lo preferisco.

CC BY-NC-SA 4.0 .