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Noir for the masses

Le letture di questa estate sono state, finora, parecchio soddisfacenti. Il trittico di Hugues Pagan, di cui finora ho letto i primi due romanzi, mi si è rivelato parecchio coinvolgente. Non sono mai stato un ammiratore delle cose francesi, a parte forse le donne, ma Pagan è di origine algerina quindi forse questo spiega perchè le sue atmosfere parigine corrotte e decadenti mi vanno a genio.

Ho letto nei commenti di qualche altro lettore che il protagonista dei romanzi di Pagan si fa troppe “menate“, e in effetti non mancano le riflessioni personali, cupe, negative, disincantate, che tuttavia rappresentano il senso stesso del genere noir e senza le quali non ci sarebbe molto di cui discutere.

Nessuno dei personaggi è un santo, anzi. Poliziotti corrotti, o semplicemente inetti. Puttane, tante puttane. Ladri, trafficanti, criminali vari. Questo è il mondo di cui si parla nei romanzi, e nessuno è immacolato o innocente, nemmeno il protagonista. Nemmeno le vittime sono granchè: tutto si svolge intorno all’omicidio di una puttana (“Quelli che restano“) e di un amico poliziotto di Chess, che era corrotto e che stava pianificando un imbroglio legato a un traffico di droga (“Dead End Blues“). Ma ovviamente questo non significa che non siano dotati di umanità, di profondità e che non esprimano valori. Del resto al mondo nessuno è innocente, nemmeno i bambini.

Chess, il protagonista di Pagan, è un amante del blues e del jazz. Cita spesso Billie Holiday, la sua preferita, Louis Armstrong, Duke Ellington e altri, indicando anche brani e caratteristiche di alcune esecuzioni. Non sono mai stato un conoscitore dei generi in questione, che ho sempre rispettato da lontano, ma per l’occasione ho provato a sentire qualcuno dei pezzi citati nei libri, e non posso dire che non mi siano piaciuti.

Poi c’e’ James Crumley. Il Caso Sbagliato è una meraviglia. E’ antecedente all’Ultimo vero bacio, il suo romanzo più osannato da critica, appassionati, colleghi scrittori, ecc. ma è veramente forte. Il magma da cui viene fuori è lo stesso: alcohol e autodistruzione. C. W. Sighrue dell’Ultimo vero bacio è più tagliente e cinico, Milo Milodragovitch è forse meno distaccato e più legato ai suoi amici e all’amore, ma la potenza che esprimono è la stessa. I luoghi in cui si svolgono le vicende sono così surreali nella loro misera semplicità. Bettole, bar malfamati, case maltenute abitate da ubriaconi, un mondo splendente nella sua decrepita corruzione. E anche qui nessuno è innocente.

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