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Categoria: Informatica

Viva il microblogging

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Da quando ho iniziato a usare Twitter e Identi.ca tramite client desktop anzichè attraverso i rispettivi siti web, mi sono avvicinato molto di più a questa tipologia di social networking.

Ho iniziato con Facebook, e di conseguenza all’inizio trovavo questi servizi molto scarni e poco appassionanti, privi come sono di applicazioni accessorie, decorazioni, giochi, immagini, ecc.

Pur avendo sottoscritto qualche feed relativo ai miei interessi, il tutto mi sembrava decisamente poco attraente.

Poi ho notato che la maggior parte della gente utilizzava applicativi esterni per seguire Twitter, e alcuni lo integravano sui propri client di instant messaging, come se fosse MSN o Google Talk.

Ci ho provato anche io con Pidgin e gli appositi plugin, ma la scomodità  rimaneva, soprattutto per l’approccio contorto di dover utilizzare dei bot che fanno da gateway da/per Google Talk, e non approvavo pienamente l’idea di assimilare il microblogging alla chat istantanea.

twhirl
twhirl su Windows XP

Ho deciso quindi di provare dei client dedicati. Essendo utente KDE su Linux, ho individuato che il client microblogging di elezione in questo ambiente è choqok.

Dato però che ogni tanto uso anche Windows, ho provato alcuni client in ambiente Adobe AIR, e alla fine mi sono fermato su Twhirl, del quale apprezzo il fatto che non proponga una larga console a colonne, ingombrante e secondo me scomoda, ma invece un approccio a colonna singola, separata per ciascun account/servizio.

Nota: Twhirl potrebbe girare anche su Linux, dato che Adobe AIR è multipiattaforma, ma non funziona con stabilità .

Con questi client è possibile seguire comodamente i nuovi post, eseguire ricerche, aprire i link pubblicati con un click, vedere l’anteprima delle immagini proposte tramite TwitPics o altri servizi simili, e ovviamente postare le proprie notizie, tenendo il tutto magari in un angolo mentre si fa altro.

choqoK su KDE4 e Compiz
choqoK su KDE4 e Compiz

Ritengo che ci siano differenze sostanziali tra siti come Facebook e quelli come Twitter. Per me Facebook invita essenzialmente al cazzeggio, a trascorrere molte ore sul sito giocando, usando applicazioni “stupide”, commentando foto e frasi spiritose riportate dai propri amici, dedicandosi ad un social networking prettamente di intrattenimento. Un uso nobilissimo, e che faccio anche io senza remore!

Twitter e Identi.ca sono molto diversi, qui c’è ben poco che trattenga l’utente per infinite ore. Si tratta essenzialmente di brevi messaggi testuali con qualche link occasionalmente allegato. E’ possibile intavolare delle conversazioni con i propri contatti, ma non è certo l’uso principale del servizio. Le applicazioni esterne che esistono sono volte principalmente a inserire qualche immagine o brano musicale (che poi in realtà  vengono consultati su siti esterni tramite link), oppure a ricercare altri utenti che abbiano interessi comuni ai nostri.

L’uso principale è una rapida consultazione e pubblicazione di notizie e novità  provenienti dai propri contatti preferiti, che possono essere amici, oppure personaggi di un certo spicco nei rispettivi ambienti, oppure blog o portali.

E’ chiaro che anche questi servizi possono essere usati anche in maniera molto ludica, pubblicando i propri pensieri ironici o ricercando come contatti i personaggi più spiritosi, ma sono soprattutto il regno di sviluppatori software che vogliono informare in maniera sintetica degli sviluppi sulle loro creazioni, oppure di riviste, associazioni, aziende di vario genere che vogliono tenere informato il proprio pubblico delle novità che bollono in pentola.

Insomma devo dire che una volta superato l’impatto dovuto alla scarna apparenza, si riesce ad apprezzare bene questo tipo di servizi e la differenza rispetto ai social network più blasonati.

Slackware Linux 13.0

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slackwareDue giorni fa è uscita ufficialmente la release 13.0 della distribuzione Slackware Linux!

Poco prima delle ferie Pat aveva già  iniziato a rilasciare delle Release Candidate, quindi si sapeva che la cosa era imminente.

Si tratta di una release importante, in quanto introduce diverse novità . La più rilevante è la presenza di una versione 64-bit ufficiale della distribuzione. Finora sono esistite delle release non ufficiali, seguite da altri team di sviluppo, e che ricompilavano a 64 bit i pacchetti rilasciati ufficialmente. Ricordiamo Slamd64 e Bluewhite64. Della Bluewhite non so molto, ma la Slamd64 è una esatta e speculare trasposizione della Slackware, con il minimo di cambiamenti necessari per poter far funzionare a 64 bit i vari software, e l’uscita di una Slackware64 ufficiale ha sollevato il dubbio se essa continuerà  ad essere sviluppata o meno. C’e’ ancora una minuscola differenza tra le due distribuzioni: la Slamd64 è  pensata per essere anche compatibile con i binari 32bit, infatti installa un set doppio di librerie compilate in entrambe le modalità ; la Slack64 invece è una distribuzione a 64 bit pura, che non prevede la presenza di librerie a 32 bit. Tuttavia è possibile renderla ambivalente semplicemente installando gli opportuni pacchetti presi dalla Slamd64.

Tornando alle novità  della Slackware 13, la seconda più grossa è il passaggio da KDE 3.x a KDE 4.x (nello specifico, la versione 4.2.4). Da diversi mesi chi utilizza la versione current, ossia il ramo di sviluppo “in progress” che contiene tutti gli aggiornamenti intermedi tra una milestone e l’altra, era già  passato a KDE 4, ma per gli utenti che si attengono soltanto alle versioni stabili il cambiamento epocale avviene solo adesso. Personalmente trovo che KDE 4 sia fantastico e, unito a compiz, rappresenta il desktop più evoluto presente al momento su piazza, superiore sia a Vista/Seven che al blasonato MacOSX, ma in queste cose contano molto i gusti e le abitudini individuali.

Molte delle applicazioni che lo compongono sono delle nuove stesure completamente riscritte rispetto alle precedenti di KDE 3.x e quindi possono presentare qualche instabilità o lacuna, ma nel complesso ormai dalla release 4.2 lo si può considerare pienamente stabile.

A livello meno evidente, un’altra novità importante è il passaggio da X.Org 1.4.x alla 1.6.x, passaggio che è avvenuto con molta cautela e lentezza, per via delle numerose differenze strutturali e nella logica dei file di configurazione, ma non sembra presentare particolari problemi per lo meno con le configurazioni hardware più comuni. Inoltre l’intero sistema si basa sulle Glibc 2.9.

L’annuncio ufficiale della release contiene tutte le informazioni relative al download e alla possibilità di acquistare i DVD originali per contribuire al finanziamento del progetto.

Libre.FM: A better deal

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riaaQualche mese fa è avvenuto il tragico cambiamento di Last.FM e da allora molti utenti si sono spostati su altri servizi che consentono l’ascolto di streaming online senza dover pagare nulla, anche se non si vive nella Top3 dei paesi mondiali. Inoltre la notizia secondo la quale Last.FM ha consegnato alla RIAA l’elenco di tutti gli ascolti dei propri utenti, la quale probabilmente ne farà uso per riuscire a determinare chi ha scaricato ed ascoltato musica in maniera considerata non lecita, ha ulteriormente peggiorato la fama del sito presso il vasto pubblico.

Come ho già detto, nessuno di questi servizi alternativi purtroppo ha la stessa logica e le stesse funzioni che aveva Last.FM, ma le cose stanno lentamente cambiando.

Ironia della sorte, pochissime settimane prima della “fine” di Last.FM, un gruppo di programmatori Open Source aveva avviato un progetto chiamato Libre.FM (“libre” nel senso di libero). Basandosi su parte delle API rilasciate pubblicamente dagli sviluppatori di Last.FM, essi hanno iniziato a scrivere un software e un portale in grado di raccogliere le preferenze di ascolto degli utenti, collezionarle in modo da generarne statistiche e trend, ricavarne gusti e suggerire musica simile. Lo scopo primario del progetto è quello di svincolare questo tipo di servizio dalla gestione da parte di una specifica compagnia orientata al business, e consentire a chiunque di avviare un proprio servizio di raccolta preferenze musicali. Il software di Libre.FM infatti può essere installato da chiunque su un normale server dotato di sistema operativo Unix-like.

La libreria di musica disponibile su Libre.FM ovviamente non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella che è presente in Last.FM, e inoltre dato che il progetto si ispira ai principi del free software applicati alla musica, sono disponibili in streaming sul portale solo brani che sono stati rilasciati dai rispettivi autori con licenza di tipo free, e quindi nessuno dei grandi e medi nomi del mondo musicale. Ma per chi è interessato all’archiviazione dei propri ascolti ed eventualmente al confronto con quelli di altri utenti, questo è già qualcosa.

Il portale è in continua crescita, le funzioni offerte aumentano progressivamente, e non ci vorrà molto perchè siano presenti tutte quelle che offre Last.FM. Sono già presenti in maniera embrionale i gruppi di utenti, e a breve sarà possibile indicare le tracce preferite e linkarsi agli amici.

La privacy è tenuta in grande considerazione, e i dati di “scrobbling” che gli utenti inviano al server centrale di Libre.FM vengono anonimizzati in modo tale che, se anche dovessero entrare in possesso della RIAA o altri “cattivi”, non sia possibile risalire agli indirizzi IP. Purtroppo come in tutti i social network, il fatto stesso di farne parte implica una certa rinuncia alla propria privacy e aumenta la possibilità per gli altri di venire a conoscenza delle nostre preferenze e dei nostri comportamenti, quindi solo l’utente stesso può proteggersi, considerando con cautela quello che pubblica e tenendo ben presente sotto gli occhi di chi potrebbe finire.

from_last_to_librePer chi non vuole rinunciare ad anni di storico dei propri ascolti che si trova ancora immagazzinato negli archivi di Last.FM, vengono messe a disposizione alcune utility in Python che consentono di esportare su file tutto l’archivio contenuto nel proprio account Last.FM e poi successivamente importarlo in un account Libre.FM. Io ho fatto così, ed ho subito ritrovato tutti i miei 8000+ ascolti dal 2003 al 2009 su Libre.FM. Attualmente è addirittura possibile aprire una richiesta di supporto al team di Libre.FM chiedendo di importare per vostro conto i vostri dati da Last.FM !

Libre.FM non è ancora un servizio molto noto, e non sono molti i client che lo supportano a livello nativo così come accade per Last.FM. Tuttavia dato che si basa sulla stessa API, è piuttosto semplice far funzionare qualsiasi client che già supporta Last.FM: basta modificare il file hosts del proprio pc (sia Linux che Windows) in modo che posts.audioscrobbler.com punti all’ip di turtle.libre.fm (89.16.177.55). Ad ogni modo col passare dei mesi sono sempre di più i player multimediali che consentono di specificare server diversi da quelli di Last.FM.

Costruire un NAS da 2 tera – seconda parte – Il software

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Logo di Openfiler

Per gestire il NAS che ho assemblato ho deciso di usare Openfiler, una distribuzione Linux dotata di un’interfaccia grafica via web, la quale consente di impostare in maniera semplice tutte le funzioni che servono per condividere in rete lo spazio disco.

L’alternativa era FreeNAS, una distribuzione di FreeBSD derivata da m0n0wall, anch’essa con interfaccia web. FreeNAS è molto rinomato, ha ricevuto anche diversi riconoscimenti, ed è completo di tutte le possibili caratteristiche richieste ad un NAS, che negli apparati commerciali si trovano solo in quelli più costosi ed orientati ai clienti aziendali. Inoltre è di dimensioni ridottissime, al punto da poter girare su una Compact Flash da 32Mb. Purtroppo il problema principale delle cose basate su FreeBSD è sempre lo stesso: supporta soltanto 4 modelli di hardware messi in croce 🙂 Nel mio caso specifico, la scheda di rete Gigabit integrata nella scheda madre non è fra quelle supportate da FreeBSD, e di conseguenza da FreeNAS. Si tratta di una scheda della famiglia Attansic L1, che al momento è diffusissima su pc, notebook e netbook, ma FreeBSD supporta solo la variante L2 che si trova sui netbook. Il problema si sarebbe potuto aggirare installando una scheda di rete PCI aggiuntiva e supportata su uno dei 2 slot liberi della scheda madre, ma onestamente non mi andava di rovinare la “purezza” del progetto. Per questa ragione mi sono rivolto all’alternativa Linux-based, che invece supporta la scheda senza problemi.

A differenza di FreeNAS, Openfiler è piuttosto voluminoso: l’iso di installazione è grande circa 150-200Mb. Questo perchè si tratta di una distribuzione quasi completa, che comprende anche pacchetti software non direttamente necessari per le funzioni di Nas, e consente anche di installare altro software per svolgere servizi di altro tipo.

L’installazione avviene come una qualsiasi distribuzione Linux, a parte la scelta dei pacchetti da installare che non è consentita. Openfiler esiste sia in versione x86_64 che x86, quindi dato che il mio server ha cpu Athlon64 avevo inizialmente deciso di installare la versione a 64 bit. Tuttavia poi ho dovuto cambiare idea, e dopo spiegherò perchè.

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Durante l’installazione viene assegnato l’indirizzo ip, e alla fine delle operazioni possiamo collegarci col browser. Il sistema ci accoglie con questa schermata:
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Non entrerò nei dettagli della configurazione del sistema, dato che non penso siano particolarmente interessanti e comunque ognuno si configura gli spazi un po’ come preferisce. Nel mio caso ho preferito non mettere i due dischi in Raid, nè di tipo software nè hardware, dato che volevo sfruttare a pieno i 2TB di spazio. I contenuti del mio Nas non sono di un’importanza così rilevante da disperarmi nel caso dovessi perderli per un guasto disco. Ad ogni modo è giusto sapere che il sistema è in grado di gestire il Raid 1 e 2 in hardware grazie al controller della scheda madre, mentre è poi possibile configurare volumi logici e Raid anche di livello 5 tramite il software di Openfiler.

Questi sono alcuni screenshot delle varie opzioni di configurazione di Openfiler:

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Il motivo per cui ho dovuto installare il sistema a 32 bit anzichè a 64 è stato quello di poter installare il software Mediatomb.

Mediatomb è un UPnP Mediaserver, ovvero un server di contenuti multimediali tramite protocollo UPnP. Questo protocollo è quello utilizzato da varie piattaforme di contenuti multimediali e in particolare dall’Xbox, dalla PlayStation3 e dalla Wii per rintracciare in rete eventuali repository di immagini, musica, filmati da poter riprodurre.

Dato che ho la PS3, mi interessa poter rendere accessibili in rete i filmati e la musica contenuti nel Nas per poterli guardare sul televisore tramite la console, senza dover costruire quello che si chiama un HTPC.

FreeNAS incorpora già un servizio UPnP, mentre Openfiler ne è sprovvisto, ma dato che è possibile installare nel sistema qualsiasi applicativo Linux debitamente compilato, mi è bastato scaricare Mediatomb in formato binario, avviarlo ed eccolo lì pronto a servire la musica alla PS3! Purtroppo non è presente un precompilato statico a 64 bit, quindi ecco spiegata l’esigenza dei 32 bit.

Una volta avviato il servizio, viene aperta una interfaccia web su una porta distinta da quella di Openfiler, e si possono andare a scegliere le cartelle da rendere disponibili in LAN.

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Con questo ho concluso la breve panoramica sulla realizzazione del NAS e sui servizi che implementa. Se qualcuno desidera ulteriori informazioni, sentitevi liberi di chiederle scrivendo un commento all’articolo!

Costruire un NAS da 2 Tera – prima parte – L’hardware

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In questo articolo vi racconto come ho costruito il mio NAS domestico a buon mercato e dalle caratteristiche avanzate.

Inizio dicendo che possiedo già da tempo una unità dischi di rete Netgear SC-101. L’ho comprata per utilizzare i due dischi IDE da 250Gb che mi sono rimasti dall’ultimo upgrade hardware del pc. E’ uno storage piccolo, economico ed onesto, il cui unico vero difetto è quello di non essere supportato in Linux. Non mi dilungo in dettagli, dico solo che per poter accedere da Linux ai dati immagazzinati ero costretto ad accendere una macchina virtuale con Windows XP, condividere in rete lo storage montato in Windows, e da lì montarmelo su Linux. Un po’ una scocciatura!
Deciso a superare questo limite, ed anche a espandere la quantità di spazio disponibile dai 500Gb iniziali, ho incominciato a valutare se comprare un altro NAS pronto oppure se costruirne uno mio. Valutando costi e prestazioni ho concluso che con circa 450€ avrei potuto costruire un NAS da 2TB full featured, quando con la stessa cifra avrei comprato un NAS pronto di tipo Retail, privo di caratteristiche avanzate come l’iSCSI, ma soprattutto senza dischi. Il costo dei dischi avrebbe inciso per altri 150€!
Quindi ho selezionato l’hardware necessario:

  • Il case: non volevo un case PC tradizionale, sarebbe stato ingombrante e rumoroso. Ho preferito qualcosa di dimensioni ridotte, anche se non tanto quanto sono piccoli i Nas retail. La scelta è caduta sul Thermaltake LanBox Lite, in grado di montare schede madri in formato MiniITX o MicroATX, con un alimentatore ATX standard, al prezzo di 84€.
  • La scheda madre e processore: sono sempre stato un fan di Asus, quindi ho selezionato una scheda di questo produttore, la M2N68-CM, formato MicroATX. Ho optato per questo formato invece di una MiniITX con processore Atom perché mi sono ricordato di avere da parte una cpu AMD Athlon64 X2 5600+, anche questa rimasta da un precedente upgrade, che tenevo da tempo senza far nulla e mi son detto “quale migliore occasione!“. Il costo della scheda è di 55€.
  • Memoria: in genere per un Nas non servono grossi quantitativi di memoria, 512Mb sono largamente sufficienti, ma dato che con solo 12€ si poteva prendere una dimm da 1Gb della Kingston, ho voluto eccedere.
  • Alimentazione: un alimentatore economico da 580w di tipo ATX tradizionale dal costo di 26€. Spesso i Nas retail hanno delle unità di alimentazione abbastanza scarse, sottopotenziate e fuori standard. Sono una delle componenti che si guasta più facilmente e spesso danneggia anche i dischi. Meglio poter usufruire dello stesso tipo di alimentatore che si monta sui pc.
  • Dischi: la componente più importante di un Nas sono i dischi no?? Scegliere i dischi è sempre un po’ un terno al lotto per quanto riguarda l’affidabilità. Dureranno anni o si romperanno nel momento più inatteso facendomi perdere tutti i dati?? Mah.. ho scelto i Western Digital Caviar Green WD10EADS, con 32MB di cache, interfaccia SATA 3Gb/s, al costo di 99,80€ l’uno.

Ho ordinato il tutto presso HRW, un negozio online di Trento, che aveva tutto disponibile e prezzi bassi. Molto più bassi del distributore all’ingrosso locale!! Passiamo ora alle fasi del montaggio.

Questi sono i prodotti appena tolti dal pacco consegnato dal corriere, escluso il processore che avevo già da parte. Mi ero immaginato il case un pochino più piccolo, ma va benissimo anche così.

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La prima fase ovviamente consiste nell’aprire la confezione del case e prepararlo ad accogliere i componenti. Una caratteristica di questo case è di essere modulare e scomponibile, per cui è dotato di un cassetto estraibile dove va montata la scheda madre, e di diversi tray per contenere i dischi e l’alimentatore.

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Questa è la prima scheda madre MicroATX che ho mai utilizzato, e onestamente la parola “micro” mi faceva pensare a dimensioni molto più piccole. Si tratta di una scheda all-in-one che comprende Audio HD e chipset NVidia GeForce 7050, per dischi, video e rete. In generale sono contrario alle schede video integrate, ma in questo caso dato che il Nas si utilizza da remoto e si configura tramite interfaccia web da un pc esterno, il video serve solamente per le fasi di installazione o per momenti di emergenza e quindi va benissimo l’integrazione, che fa anche risparmiare spazio e calore. La scheda di rete è identificata come MCP67 Gigabit Ethernet, ed è per sua causa che ho scelto Openfiler come software di gestione, come spiegherò in seguito. La scheda madre supporta tutti i processori AMD di tipo AM2/AM2+/AM3, quindi ho potuto installare senza problemi l’Athlon64 X2 con il suo dissipatore, e il banco di memoria da 1Gb. Ad ogni modo la mb è pensata per realizzare un pc completo a tutti gli effetti, quindi è dotata di 4 slot per la ram, 2 slot PCI di espansione, 1 slot PCI-Express per sostituire la scheda video integrata, e tutti i connettori per svariate porte USB, porta Firewire, Front Panel per l’audio con supporto HD, ecc.

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Poi ho montato l’alimentatore nel suo alloggio, e mi sono dedicato finalmente ai dischi. Il case ha 3 vani per il montaggio dischi, uno dei quali permette l’accesso dall’esterno, mentre gli altri due sono in un cestello portadischi situato all’interno del case subito dietro alle ventole frontali. Inoltre il case prevede 2 slot da 5.25″ per installare lettori CD/DVD o masterizzatori. Nonostante le dimensioni è possibile realizzare un computer davvero completo.

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A questo punto viene la fase dei collegamenti e dei cavetti. Non sono mai stato molto ordinato negli assemblaggi, quindi sicuramente qualcuno troverà da criticare sul disordine dei cavi, che potrebbero essere fascettati e piegati in maniera più sistemata. Ad ogni modo, siccome sono assenti sia il lettore CD che il floppy, essendo inutili dopo le prime fasi di installazione, non sono presenti i tipici cavi piatti ingombranti e nemmeno le relative alimentazioni.
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E vualà! L’assemblaggio è completo, e non resta che chiudere tutto e ammirare il risultato finale! Davvero carino no?

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Il costo totale dell’operazione, comprensivo delle spese di spedizione via corriere, è stato di 387,97€. Bisogna ammettere che se avessi dovuto acquistare anche il processore avrei speso altri 60€ circa, secondo gli attuali listini. Quando l’ho comprata la cpu era costata circa 150€.

Nella seconda parte mi dilungherò ad illustrare la scelta di Openfiler come software di gestione del NAS.

CC BY-NC-SA 4.0 .